il Flash Mob #ZeroViolenza… per una riflessione

#ZeroViolenza: un flash mob per dire No! 
Per la prima volta a Vibo città col mondo della scuola

 

INTERVISTA ALLA PROMOTRICE: LA SCRITTRICE M.CONCETTA PRETA, CHE SARA’ PRESTO IN SICILIA PER UN NUOVO RICONOSCIMENTO NAZIONALE SULLA TEMATICA DELLA VIOLENZA DI GENERE
di Laura PERCASSI

Si è svolto il 14 maggio scorso un evento di sensibilizzazione sul tema della Violenza di genere, organizzato dall’associazione vibonese “Da donna a donna” e che ha coinvolto le scuole della città di Vibo, in specifico il Liceo Artistico “D. Colao”, l’ITC “G. Galilei”, la scuola media G. Garibaldi e il primo Circolo didattico “Don Bosco”.

  L’evento, ideato e promosso dalla scrittrice vibonese M. Concetta Preta, autrice del libro: Rosaria, detta Priscilla e le altre – Storie di violenza e femminicidio” e dall’avv. Azzurra Pelaggi, si è avvalso – tra gli altri – della collaborazione dell’associazione Let’s Dance di Angelica Pelaggi e dell’ausilio dell’artista Antonio La Gamba.
  Gli alunni delle scuole sono stati guidati in un percorso formativo letterario-artistico, coordinato dalla prof.ssa M. Concetta Preta nel Laboratorio didattico: “Zero Violenza”, che ha sensibilizzato i docenti referenti e le classi partecipanti.
   Il flash mob ha visto l’alternarsi di momenti canori, musicali, di danza e la recitazione di toccanti poesie e brani da parte degli studenti nella piazza Martiri d’Ungheria di Vibo e nel portico coperto del Liceo Artistico. Presenti i dirigenti scolastici e l’amministrazione Comunale che ha patrocinato la manifestazione, insieme ai comuni di Rombiolo, Vazzano e Cessaniti.
  Per la città di Pizzo, presente la consigliera di Parità dr.ssa Vincenzina Perciavalle.
  I partecipanti, che indossavano qualcosa di rosso e avevano scritto “No” sul palmo della mano destra, hanno dato vita ad una mobilitazione significativa per numero e per qualità dei lavori, in particolare una galleria di opere d’arte a tema, esposti davanti ai cancelli del I Circolo Didattico.
   Tutti i ragazzi hanno formato “un cerchio umano” urlando il disprezzo contro ogni forma di violenza, hanno fatto una marcia a suon di tamburo battente, hanno esposto lavori, hanno danzato… creando una forma di protesta globale e spontanea.
   Alla fine, enti e associazioni coinvolti hanno sottoscritto un protocollo d’intesa redatto dall’avv. A. Pelaggi, al fine di creare un tavolo istituzionale per la promozione di strategie condivise finalizzate al contrasto della violenza sulla donne.
  Questi i fatti. Quale la riflessione a margine?
   Saranno le parole di M. Concetta Preta – da noi intervistata in esclusiva – a chiarire il senso del flash mob #ZeroViolenza da lei voluto e diretto precipuamente al mondo della scuola.
  Domanda: Salve, prof.ssa M. Concetta Preta. Iniziamo con lo slogan della manifestazione, creato e recitato da lei in apertura: “Per non dimenticare il cammino verso la libertà di chi ci ha precedute, per costruire la felicità in un mondo nuovo fatto dalle donne per le donne”. Perché queste parole?
Risposta: “Salve a voi e grazie per quest’intervista. Sappiamo tutti che laviolenza dell’uomo contro la donna esiste da sempre. Le donne per secoli sono scese a patti col potere maschile mediando, dialogando, accettando e subendo sconfitte. Molte si sono alleate col potere dell’uomo, le più si sono arrese. Esse si sono dovute confrontare quotidianamente con la sofferenza e la frustrazione, imparando a morire interiormente. Ma alcune hanno provato a rinascere, creando per sé stesse, nelle situazioni più disperate, un’alternativa al dolore e una via di fuga alla morte. Ho voluto scrivere queste parole per ricordare chi si è emancipata dalla spirale di violenza e chi ha lottato per costruire un’alternativa utile anche alle generazioni venture, perché tante lotte hanno portato risultati che noi oggi non apprezziamo del tutto, ma abbiamo il diritto di ricordarle, nonostante la violenza sulla donna non sia stata debellata”.
D.: Da dove nasce secondo lei il disagio, che sta alla base della violenza?
 R.: “Il disagio inizia spesso in casa, che dovrebbe essere il luogo più sicuro per viverci. Si va dalle molestie psicologiche alle micro-violenze, e non si tratta sempre e soltanto del compagno (fidanzato o marito), ma anche di padri, fratelli, parenti. La storia delle donne è costellata di abusi, ricatti, maltrattamenti. Il loro nemico spesso vive sotto lo stesso tetto, non sempre sta fuori. Nella coppia il conflitto inizia con piccoli screzi, gesti e parole, di cui all’inizio lei quasi non si accorge: uno sgarbo, una parolaccia tra mille “ti amo”, un’offesa per niente, o un pizzicotto, un buffetto. “Fesserie” che però diventano frequenti. Lei a volte risponde, a volte no. E intanto si abitua. Lui continua. Finché la vessazione è quotidiana. “Non sei più capace di cucinare”= Squalificata. “Ti sei vista allo specchio? Hai la cellulite, fai schifo”= Derisa. “Io non ti ho detto niente, ti inventi tutto. Sei pazza“= Incolpata. “Se entro le sette non sei a casa, mi arrabbio”= Controllata. Poi i divieti: “Niente gonna, niente tacchi, no rossetto, zero amiche”. Dalle umiliazioni l’uomo passa alle botte.
  Alla fine lui e lei sono incappati in una spirale di violenza in cui l’uno è dipendente dall’altra. Lui perché ha bisogno di esprimere all’esterno il potere, che non sente di avere dentro di sé; lei, sottomessa e spogliata delle sue qualità, ha bisogno della scossa dell’uomo per sentirsi viva.
D.: A volte si commettono delle semplificazioni e si sottovaluta la situazione in cui si innesca la violenza. Quando si appura, spesso è troppo tardi. Come si può reagire a questo stato di cose?
R.: “È sbagliato dire che è “la donna se l’è cercata”. Negli amori malati c’è un graduale adattamento alla violenza, frutto del plagio e della manipolazione, lenta e logorante, esercitata dal partner sulla compagna. Spesso lei non se ne va subito, a volte non se ne va mai e si lascia uccidere. Il numero didenunce resta basso, sale invece quello dei femminicidi. Ai centri anti-violenza arrivano donne che balbettano e tremano, trascurate e svuotate, che non sanno più fare il loro lavoro, non ricordano più quello che hanno studiato, non si riconoscono come individui. Consumate, alienate, depresse. In pochi le hanno credute. Perché lui con gli altri è un fiore, con lei una bestia.
  Voltare pagina e rinascere è un’impresa che richiede tempo e tantissima pazienza, come recuperare un tossico di eroina. E’ un percorso di cadute e risalite, di crisi di astinenza dal male e voglia di liberarsene. Riconoscere la violenza subita è una presa di consapevolezza difficilissima. È l’ostacolo più grande da superare per emanciparsi. La donna all’inizio dice: “Sì, è vero mi ha fatto del male”, ma perdona, giustifica, scambia il possesso per amore, l’autoritarismo per protezione. Ha i sentimenti verso di sé anestetizzati, è incapace di percepire il male contro di sé. C’è come un involucro tra lei e il mondo, una forma di protezione innescata dal cervello per sopravvivere e non scomparire del tutto. Imparare a volersi bene è fondamentale, è il primo passo.
  Un altro errore è pensare che l’uomo violento sia un mostro. Non si nasce aggressivi, lo si diventa. Così la donna: non nasce debole, ma arriva a esserlo.
  Tante le cause, ognuna col suo bagaglio di disagi. Spesso lei è reduce da situazioni simili vissute in famiglia e tende a riprodurre lo stesso schema, oppure è cresciuta con le svalutazioni di uno dei due genitori. In ballo, per lui come per lei, di sicuro c’è un buco di affetto da colmare.
D.: Quindi la violenza non è solo un problema femminile, ma anche maschile…
R.: “Certamente. L’educazione ai sentimenti è importante, ma a scuola non esiste come materia lo studio dell’affettività e bisognerebbe renderlo obbligatorio, insieme all’educazione sessuale. “La violenza non si risolve con la prigione. Bisogna partire dai giovani, bisogna insegnare loro ad amare sé stessi” ha detto più volte Paola Lettis, vice presidente di Telefono Rosa. Ecco perché ho deciso di mobilitare il mondo della scuola, investendo i docenti formatori di una grande responsabilità. Io stesso ne faccio parte e ritengo che sia nostro dovere colmare una lacuna e parlare sempre e comunque ai giovani di questo fenomeno che, purtroppo, dilaga sempre più.”

D.: Grazie, gentile scrittrice. Come le va di salutare i lettori de “Il fatto di Pizzo” che ogni settimana la seguono copiosi e curiosi?
 R.: Con una mia lirica toccante, composta ad hoc per il mio flashmob e che ha costituito uno dei momenti più sentiti dell’evento: è la storia del corpo femminile dal mito alla realtà, scritta con parole scabre ed essenziali, con lo stile asciutto e demistificante che mi appartiene.
In corpore vili
Corpo di donna
Miliardi di cellule, impasto di lacrime e fango.
Membrane di filamenti impazziti: corpo di donna.
Da Afrodite ad Elena, da Europa a Medea,
Passando per Lucrezia, Rea Silvia e Galatea…
tra il sacro ed il profano, tra storia e fantasia
siam diventate a turno: Eva oppur Ginevra,
turchine fate o nere streghe, Giulietta o Beatrice.
 Da sante inviolate a profetesse del nulla,
 le schiave d’una tela o d’una catena di montaggio:
neo-Cassandre e Penelopi, califfe e pasionarie
… com’anche brigantesse, partigiane e brigatiste.
Tra libera scelta e libero arbitrio: “Dove il bene? …e il male?”
Donne oggetto e soggetto d’arte: crocifisse su Playboy,
felliniane presenze in dolci vite, cicale e lucciole,
 ninfe patrizie e plebee, belle di giorno e di notte,
 … ma “caramelle da uno sconosciuto”, mai!
Col corpo a pezzi, aperto e ricucito… di tutti e di nessuno.
Corpo di un folle che c’immortalò o d’un altro che ci brutalizzò.
Pelle tesa come un tamburo o gonfia come un pallone.
Corpo come groviglio, sacco, tela. E all’interno: il cuore … e l’anima.
                                                                                 Maria Concetta Preta
  Ringraziamo la scrittrice vibonese M. Concetta Preta che, a breve, sarà ospite in Sicilia, a Giardini Naxos, come vincitrice nazionale del Premio Letterario “F. M. Tripolone” XV edizione 2016 con una struggente opera in prosa proprio incentrata sulla violenza di genere e redatta nella forma dell’inchiesta giornalistica e del diario romanzato, una formula a lei cara e già premiata dal pubblico di lettori e dalle giurie dei concorsi, e presente in “Rosaria, detta Priscilla, e le altre. – Storie di Violenza e femminicidio”, ed. 2015.
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