Giornata della Donna: Reading e Riflessione degli studenti della classe V A Liceo Classico Morelli Vibo V.

 

SI SCRIVE MARZO, SI LEGGE DONNA

RIFLESSIONE METALETTERARIA

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

8 MARZO 2021

LICEO CLASSICO M. MORELLI – VIBO VALENTIA

CLASSE V A – Indirizzo della Comunicazione 

COORDINAMENTO A CURA DI: 

PROF.SSA MARIA CONCETTA PRETA (LATINO E GRECO)  

REPORTAGE a cura di Morgana Figliuzzi: 

La donna è nata dalla costola dell’uomo affinché possa essere protetta”.

Eppure mi piace immaginare che si sia trattato di un errore biblico di scribi e amanuensi, che in realtà la donna sia nata ad immagine e somiglianza non dell’uomo ma di Dio, dalla costola del suo non-corpo, perché figura eterea e dalla sensibilità senza tempo. Mi piace immaginare un superomismo intrinseco alla creazione divina, il pericolo del pensiero d’oltre uomo avvolto nei drappeggi della veste misericordiosa. La donna, microcosmo indipendente e Signora di sé stessa, scesa sulla terra come riflesso del divino.

Mi piace immaginare che Dio sia donna, che dalla sua voce abbia generato l’uomo e dalla sua non-costola la propria sorella, per proteggerla solidariamente e cederle il proprio essere divino.

Mi piace immaginare che Dio sia solidale. E che Dio, di riflesso, viva poi frammentato in ciascuna donna.

Mi piace riscrivere la religione in funzione del mio amore per le donne in quanto donne. In funzione del mio amore per le donne in quanto sorelle, da fiancheggiare in lotta e proteggere in amore. In funzione dell’amore per me stessa in quanto donna e sorella di tutte le donne.

 

La Giornata della Donna la dedico a Rosa Luxemburg e Clara Zetkin della Seconda Internazionale Socialista e alle donne marxiste del Congresso di Stoccarda, nel 1907 dove tutto ebbe inizio.

La dedico alle femministe borghesi, alle liberali, alle radicali e anche alle T.E.R.F.

Alle Camiciaie di New York e alle Suffragette, che hanno donato il proprio sangue per la mia libertà.

Ad Elvita Peron e a Rosa Parks che mi ispirano ogni giorno.

Ad Ella Fitzgerald e a Nina Simone che mi riempiono le ore con la loro musica.

Alle prime donne assunte dalla NASA e a Samantha Cristoforetti.

A Malala Yousafzai e a Breonna Taylor.

A Michelle Obama e alla futura presidentessa italiana.

Alle dee della letteratura nazionale.

All’ “orgogliosa, sicura, feroce e impavida” Dacia Maraini, al suo “illudente e illuso” inno per le donne.

Ad Alda Merini e ad Oriana Fallaci.

A Fiorella Mannoia e ad Emma Marrone. A Laura Pausini e ad Orietta Berti.

A Rita Levi Montalcini e a Marie Curie.

A Sofia Loren e a Mina.

A Liliana Segre e a Giorgia Meloni.

A Saffo e alla sua cosa più bella. Mi piace immaginare che abbia rivisto e abbracciato la sua Anattoria.

Ad Elena e a Penelope, le donne che hanno fatto risplendere la letteratura greca, belle in maniera diversa, ma autentiche fino in fondo.

Ad Elettra e a Clitemnestra, le donne che hanno appassionato i cuori e lacerato gli animi, emozionando ieri come oggi.

A Glicera rasata e alla realtà plasmata da una parola: ti prometto che la lingua italiana riconoscerà il tuo valore in quanto donna e non in quanto animale.

A tutte le donne italiane e del mondo, famose e non. Perché semplicemente donne e divine in quanto tali.

La Giornata della Donna la dedico ai diritti ottenuti e alle strade percorse, ai chilometri non ancora bruciati e ai traguardi da superare.

 

La Giornata della Donna,

la dedico alla parità di genere.

 

Morgana Figliuzzi

VA, Liceo Classico M. Morelli

 

Reading espressivo

a cura delle allieve della classe V A:

Giulia Baldo

Francesca Belsito

Morgana Figliuzzi

Nicole Marino

Fatima Pardea

Silvia Vinci

 

Testi recitati:

 

  1. “La Cosa Più Bella” – Saffo

la poetessa di Lesbo: Saffo (Mitilene, VII sec.a.C)

(GRC)

«Ο]ἰ μὲν ἰππήων στρότον, οἰ δὲ πέσδων,
οἰ δὲ νάων φαῖσ’ ἐπ[ὶ] γᾶν μέλαι[ν]αν
ἔ]μμεναι κάλλιστον, ἔγω δὲ κῆν’ ὄτ-
τω τις ἔραται.

πά]γχυ δ’ εὔμαρες σύνετον πόησαι
π]άντι τ[οῦ]τ’, ἀ γὰρ πολὺ περσ[κέθοισ]α
κάλ]λος [ἀνθ]ρώπων Ἐλένα [τὸ]ν ἄνδρα
τὸν] [πανάρ]ιστον

καλλ[ίποι]σ’ ἔβα ‘ς Τροίαν πλέο[ισα
κωὐδ[ὲ πα]ῖδος οὔδε φίλων το[κ]ήων
πάμπαν] ἐμνάσθ[η], ἀ[λλὰ] παράγαγ’ αὔταν
Κύπρις ἔραι]σαν

[εὔθυς εὔκ]αμπτον γὰρ [ἔχοισα θῦμο]ν
[ἐν φρέσιν] κούφως τ[ὰ φίλ΄ ἠγν]όη[ε]ν̣
ἄ με] νῦν Ἀνακτορί[ας ὀνὲ]μναι-
σ’ οὐ ] παρεοίσας,

τᾶ]ς [κ]ε βολλοίμαν ἔρατόν τε βᾶμα
κἀμάρυχμα λάμπρον ἴδην προσώπω
ἢ τὰ Λύδων ἄρματα [κἀν ὄπλοισι]
πεσδομ]άχεντας.»

 

(IT)

«Alcuni di cavalieri un esercito, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla nera terra
sia la cosa più bella, mentre io ciò che
uno ama.

Tanto facile è far capire
questo a tutti, perché colei che di molto superava
gli uomini in bellezza, Elena, il marito
davvero eccellente

lo abbandonò e se ne andò a Troia navigando,
e né della figlia, né dei cari genitori
si ricordò più, ma tutta la sconvolse
Cipride innamorandola.

E ora ella, che ha mente inflessibile,
in mente mi ha fatto venire la cara
Anattoria, che non mi è
vicina.

Potessi vederne il seducente passo
e il lucente splendor del volto
più che i carri dei Lidi e, in armi,
i fanti.»

 

 

 

 

 

  1. Nosside di Locri – (ANTOLOGIA PALATINA LIBRO V – 170)

Nulla è più dolce di Amore

῞Αδιον οὐδὲν ἔρωτος· ἃ δ’ ὄλβια, δεύτερα πάντα

ἐστίν· ὰπὸ στόματος δ’ ἔπτυσα καὶ τὸ μέλι.

Τοῦτο λέγει Νοσσίς· τίνα δ’ ἁ Κύπρις οὐκ ἐφίλασεν,

οὐκ οἶδεν κήνα γ’ ἅνθεα ποῖα ῥόδα.

 

Nulla è più dolce d’amore; ed ogni altra gioia

viene dopo di lui: dalla bocca sputo anche il miele.

Così dice Nosside: e chi Cipride non amò,

non sa quali rose siano i fiori di lei.

 

 

 

  1. “Donne Mie” (1974) – Dacia Maraini

 

Donne mie che siete pigre,

angosciate, impaurite,

sappiate che se volete diventare persone

e non oggetti, dovete fare subito una guerra

dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini,

ma contro voi stesse che vi cavate gli occhi

con le dita per non vedere le ingiustizie

che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi

vi considera delle nemiche, delle rivali,

degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria

tutti i giorni senza neanche saperlo,

contro chi vi tradisce senza volerlo,

contro l’idolo donna che vi guarda seducente

da una cornice di rose sfatte ogni mattina

e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,

scintillanti di collane, ma prive di braccia,

di gambe, di bocca, di cuore,

possedendo per bagaglio

solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso

(il dovere di amare vi fa odiare l’amore, lo so)

un amore senza scelte, istintivo e brutale.

Da questo amore appiccicoso e celeste

dobbiamo uscire

donne mie,

stringendoci fra noi per solidarietà

di intenti, libere infine di essere noi

intere, forti, sicure, donne senza paure.

 

 

Donne mie dalle dita che puzzano di aglio,

donne mie dalle vene varicose, gli occhi

feroci, le mani insolenti, la bocca timida,

vi hanno insegnato a essere cretine, povere,

dipendenti, vi hanno insegnato a dire

sempre di sì, con astuzia degradante, con

candore massacrante, con vigore represso.

Vi hanno insegnato a lavorare, a ubbidire,

a tacere, a figliare, con gioia e purezza

senza acrimonia, per servire, aiutare,

sostenere, consolare l’uomo, sempre lui

nella sua smagliante illusione razzista.

Donne di marmo, di pece, di latte cagliato,

voi lavorate ogni giorno senza stipendio

per i figli, il marito, i cugini, i nipoti,

i fratelli, i nonni, i padroni tutti

che vi vogliono belle e pure come oggetti sociali.

Se dite no vi sembra di fare peccato,

per questo dite sempre di sì, con l’animo

sciolto e la testa piena di fumo amaro,

dire di sì e in cambio ricevere un bacio

di buonanotte dal caro figlio del cuore

su una guancia rugosa che sa di lardo e di acqua sporca.

 

 

Donne mie illudenti e illuse che frequentate

le università liberali, imparate latino,

greco, storia, matematica, filosofia;

nessuno però vi insegna ad essere orgogliose,

sicure, feroci, impavide. A che vi serve

la storia se vi insegna che il soggetto

unto e bisunto dall’ olio di Dio è l’ uomo

e la donna è l’ oggetto passivo di tutti

i tempi? A che vi serve il latino e il greco

se poi piantate tutto in asso per andare

a servire quell’ unico marito adorato

che ha bisogno di voi come una mamma?

 

 

Donne mie impaurite di apparire poco

femminili, subendo le minacce ricattatorie

dei vostri uomini, donne che rifuggite

da ogni rivendicazione per fiacchezza

di cuore e stoltezza ereditaria e bontà

candida e onesta. Preferirei morire

piuttosto che chiedere a voce alta i vostri

diritti calpestati mille volte sotto le scarpe.

Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,

sappiate che se volete diventare persone

e non oggetti, dovete fare subito una guerra

dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma

contro voi stesse che vi cavate gli occhi

con le dita per non vedere le ingiustizie

che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi

vi considera delle nemiche, delle rivali,

degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria

tutti i giorni senza neanche saperlo,

contro chi vi tradisce senza volerlo,

contro l’idolo donna che vi guarda seducente

da una cornice di rose sfatte ogni mattina

e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,

scintillanti di collane, ma prive di braccia,

di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio

solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso

(il dovere di amare ti fa odiare l’amore, lo so)

un amore senza scelte, istintivo e brutale.

Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire

donne mie, stringendoci fra noi per solidarietà

di intenti, libere infine di essere noi

intere, forti, sicure, donne senza paura.

OMAGGIO ALLE DONNE 

LETTURA DEGLI ALLIEVI UOMINI DELLA CLASSE:

4. IN PIEDI, SIGNORI, DAVANTI A UNA DONNA  

In piedi,
in piedi, signori, davanti a una donna,
per tutte le violenze consumate su di lei,
per le umiliazioni che ha subito,
per quel suo corpo che avete sfruttato
per l’intelligenza che avete calpestato
per l’ignoranza in cui l’avete tenuta
per quella bocca che le avete tappato
per la sua libertà che le avete negato
per le ali che le avete tarpato
per tutto questo
in piedi, Signori, in piedi davanti a una Donna.
E se ancora non vi bastasse,
alzatevi in piedi ogni volta che lei vi guarda l’anima
perché lei la sa vedere
perché lei sa farla cantare.
In piedi, sempre in piedi,
quando lei entra nella stanza e tutto risuona d’amore
quando lei vi accarezza una lacrima,
come se foste suo figlio!
Quando se ne sta zitta
nasconde nel suo dolore
la sua voglia terribile di volare.
Non cercate di consolarla
quando tutto crolla attorno a lei.
No, basta soltanto che vi sediate accanto a lei,
e che aspettiate che il suo cuore plachi il battito
che il mondo torni tranquillo a girare
e allora vedrete che sarà lei la prima
ad allungarvi una mano e ad alzarvi da terra,
innalzandovi verso il cielo
verso quel cielo immenso
a cui appartiene la sua anima
e dal quale voi non la strapperete mai
per questo in piedi
in piedi
davanti a una donna.

 

LA COORDINATRICE DELLA GIORNATA: PROF.SSA MARIA CONCETTA PRETA 

8 MARZO 2021