Giuseppe Berto secondo Maria Concetta Preta

1964927_10203155953369354_1249421259_n Io e Antonia Berto io e Berto 1Giuseppe Berto secondo Maria Concetta Preta

Il romanzo della vita (27/12/14 –  1/11/78) a cento anni dalla nascita

                                                                                                                      

Ai miei lettori del blog propongo per questa settimana uno stralcio della mia lectio, tenuta a Grotticelle di Capo Vaticano- Ricadi per conto dell’associazione “Onde Mediterranee”, in occasione del Centenario della nascita di Giuseppe Berto, autore prolifico e di successo che amò tanto la Calabria e la nostra provincia, Vibo, che la scelse per viverci lontano da clamori e notorietà che, com’è risaputo, lo stressavano tanto.

 

 

1914: nasceva a Mogliano Veneto uno scrittore sulfureo, caustico, anticonformista, che odiava le consorterie, pugnace e polemico, mitteleuropeo dunque moderno, che venne ostracizzato dai salotti buoni della cultura italiana del secondo dopoguerra e sul quale, malgrado l’enorme successo di pubblico, si levò un imbarazzante silenzio della critica ufficiale fino ad arrivare ad una vera e propria eclissi post mortem.

Cento anni dalla nascita … ricoperti dall’ignominia della disconoscenza, della maldicenza, potremmo dire “Cent’anni di solitudine” parafrasando Garcia Marquez (venuto a mancare nel 2014) in attesa che arrivi il quarantennale della morte, avvenuta nel ‘78 quando lo scrittore, già ammalatosi a soli 50, venne stroncato da un cancro e volle essere sepolto nella terra che elesse a suo buen retiro, la Calabria e proprio Capo Vaticano.

Già nel 2008 per il trentennale della scomparsa la N.Y.State University volle commemorarlo con una giornata internazionale di studio, promossa dal dipartimento di Italianistica tanta è stata la riconoscenza degli americani verso lo scrittore, molto tradotto all’estero e che in Italia vive ancora nel buio.

A San Nicolò di Ricadi una tomba semplice, sotto un cipresso, con un ceppo di legno con semplice incisione ci svela il suo nome e, umilmente, ci ammonisce. E’ il sepolcro di G. Berto. Come un aedo sotto un olivo, senza alcuna retorica del ricordo, uno scarno titolo funebre per lui, tomba che ha il riflesso nella casa minimalista e francescana, essenziale come lui che se la costruì sul promontorio, sorta di oracolo che guarda l’infinito verso il Tirreno e le isole Eolie. In sua memoria ho composto una lirica: La profetessa Manto, che leggerete prossimamente.

 

 

Appello per una riscoperta di G.Berto

 

Berto: un autore sommerso, la cui riscoperta sta avvenendo lentamente e a fatica, che andrebbe ripubblicato e studiato a fondo, antologizzato per le scuole, in attesa che, prima o poi, si riscriva la storia della letteratura italiana del ‘900 con le sue tante correnti, avanguardie, mescolanze stilistiche, sperimentalismi e soprattutto sperando che prima o poi si stili un accettabile canone degli autori da tramandare in cui B. compaia come si compete a uno che aveva la tempra di vero scrittore e che, soprattutto, segnò una via.

Già Carlo Bo propugnava la sua riscoperta, dicendo che fu vittima di “un’ostilità impura”.

Purtroppo dopo la morte ci fu una vera e propria eclissi, come detto e non è che in vita le cose non andassero meglio. Luci e ombre si addensarono su di lui, dotato di un talento straordinario, testimone di due epoche, quella della guerra e dopoguerra e quella del boom, ma che secondo la vulgata della critica ufficiale si “autodistrusse” nel corso degli anni e fu collocato in II° fascia pur essendo “interessante”.

A noi scoprire o riscoprire qualcosa di più per capire l’uomo Berto non certo distinto dallo scrittore, in quanto B. fu un passionale che intrise di vita le sue opere. Opere ancora attuali, che quasi ci ammoniscono e pretendono di essere lette, commentate, capite, che hanno un senso e non sono datate e a cui bisogna avvicinare gli studenti, perché B. ha un suo didascalismo, può insegnare molto, aiutare a riflettere senza falsi moralismi … solo così potremmo evitare che il tempo ne cancelli la memoria.

Le iniziative ci sono state, nel corso degli anni, per es. l’istituzione del premio che porta il suo nome, a dieci anni dalla scomparsa, voluto dalla moglie sig.ra Manuela e che gemella Vibo Valentia e Mogliano V., indirizzato proprio alle scuole. A Vibo abbiamo il Liceo scientifico Berto che si offre di promuoverne il ricordo e nel 2010 ha organizzato una giornata di studio cui ho preso parte e in quell’occasione ho conosciuto la sig.ra Manuela. Si auspica una riproposizione del premio a Ricadi, dove Berto visse ed è sepolto.

E poi di Berto si è parlato al Salone del Libro di To, per il centenario della nascita: l’8 maggio 2014 il Veneto, regione ospite, nel suo stand ha ospitato la Conferenza stampa di presentazione delle iniziative per il Centenario, per le quali è stato istituito un apposito Comitato, ed è stata rappresentata dagli alunni del liceo di Mogliano V. la performance teatrale tratta da “La passione secondo noi stessi” del 72 . In verità già l’anno precedente, 2013, a Novembre al Festival Tropea Leggere e Scrivere di Vibo connesso al Premio Tropea si era avviata la stagione del ricordo, c’è stato un omaggio allo scrittore perché il suo nome, almeno quello, venga citato e ripetuto.

Ma B. tra i giovani non è gettonato primo perché non è contemporaneo e poi comunque sconta una certa “marginalità” in una “società del nulla” cui i ragazzi appartengono, come noi tutti. Ma questo è un discorso ampio che coinvolge non solo B. ma moltissimi autori, in un momento in cui l’editoria subisce un crollo e libri se ne vendono sempre di meno, vista la crisi che viviamo. Poi c’è da dire che non sempre la scuola ha i tempi e le persone giuste per promuovere un’efficace opera di lettura. Nel ginnasio dalle 5 h di italiano siamo passati a 4 e non è facile conciliare il programma ministeriale con il processo di verifica. Aggiungo poi che non tutti i docenti riescono a presentare autori e testi del 900 anche perché non si riesce coi programmi ad arrivare all’età moderna, figuriamoci ai contemporanei!

C’è chi si arrangia, frequentando le biblioteche e sopperisce così alle carenze in termini di conoscenza della scuola. Io stessa l’ho fatto e d’altronde la scuola deve offrire gli strumenti e i metodi, non può presentare tutto lo scibile perché l’alunno non è un vaso da riempire.

Una nota positiva pur in tempi di crisi quando libri se ne acquistano pochi: l’aumento del numero dei frequentatori delle biblioteche piuttosto che delle librerie. Il lettore non necessariamente coincide con l’acquirente. Si può leggere un libro preso in prestito, l’importante è aver voglia di leggere.

Su B. la critica odierna, forse meno scevra da ideologie, ha voluto presentarlo sotto nuova luce. Lo sta facendo Cesare de Michelis, veneto pure lui. Esiste poi una biografia scritta da Dario Biagi “Vita scandalosa di G.B.” per i tipi della Bollati Boringhieri 1999, il cui titolo però la dice lunga sull’orientamento. Da ultimo Pierfranco Bruni, nativo della Calabria, con l’opera di rilettura di B. presentata in questi giorni in casa Berto qui vicino, messa a disposizione dalla figlia Antonia, che, insieme all’instancabile moglie Manuela, è la depositaria dell’eredità morale e libraria del padre. Non ho ancora letto l’opera di Bruni.

C’è un’altra ricorrenza che cade quest’anno e su cui non possiamo sottacere: i 50 anni dalla pubblicazione de il Male Oscuro (M.O.), l’opera simbolo che fece conoscere B. anche oltreoceano, che il pubblico amò più dei critici che storsero il naso e da cui M.Monicelli trasse nell’89 un film recitato da G.Giannini, S.Sandrelli, E. Seigner che, per molti e anche per me, non è all’altezza del libro. Berto, purtroppo, era già morto da circa dieci anni quando il film uscì, chissà quale sarebbe stato il suo giudizio.

Conosciamo però, su di lui, i giudizi altrui. Uno su tutti: nel 1958 Hemingway intervistato da Montale a Venezia dimostrava per Berto una stima immensa, considerandolo il più innovatore e sperimentale degli scrittori d’oltreoceano in un’Europa vecchia e reazionaria, conservatrice a livello di letteratura e chiusa alle novità. E per la morte di Hemingway B. crebbe la barba in segno di lutto, tenuta lunga nel 61 e per parte del 62, cosa per cui fu criticato. B. amava la cultura americana, Steinbeck oltre H., e tale amore risaliva al periodo di prigionia in Texas negli anni ’40.

  1. nacque come combattente al fronte, forse dalla parte sbagliata, come ebbe modo lui stesso di capire e quest’errore di gioventù la c.d. critica militante (pasoliniana) che imperò in Italia nel II dopoguerra, non glielo perdonò mai, come anche il fatto di non schierarsi necessariamente dalla sua parte per essere apprezzato. Ma, come dicevo, B. non amava le lobbies e le consorterie, per lui lo scrittore deve essere libero e, soprattutto, doveva avere un forte rigore morale, deve incarnare una missione quasi apostolica, immolarsi come Gesù per svelare la conoscenza.

 

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– segue sul prossimo numero –