Intervista a Titti Preta per “Parola di vita”

 

INTERVISTA A TITTI PRETA APPARSA SU “PAROLA DI VITA”

 

Gli occhi neri di Aisha”, “La malandrina”, “Dai che ce la fai” e “L’enigma della fontana scomparsa” sono solo alcuni dei titoli che Titti Preta presenta ai giovani studenti che incontra nelle scuole degli istituti calabresi.

Così, l’insegnante di latino e greco del Liceo Classico Morelli di Vibo V., che ha fatto della “calabresità” e della cultura il suo marchio di fabbrica, sfrutta ogni settimana il suo “giorno libero” per proporre, attraverso i suoi libri, un modello culturale a misura di ragazzo. Noi l’abbiamo incontrata nella scuola media “De Coubertin” a

Quattromiglia di Rende dove, nell’ambito della campagna “Libriamoci”, ha risposto alle domande degli studenti sui libri che stanno leggendo in classe.

Tra i suoi tanti lavori letterari, quelli rivolti ai ragazzi, hanno sempre rivestito un’importanza particolare. Qual è il messaggio che vuole veicolare?

Si tratta di un messaggio formativo, mai distruttivo, ma sempre costruttivo anche quando si parla di temi scottanti come, ad esempio, il bullismo. I ragazzi devono capire che, nonostante la tragicità di alcune storie,

può e deve esserci un risvolto positivo. Anche nel dramma dell’immigrazione è così. Viene raccontata la rottura del nucleo familiare e le tragedie che queste persone vivono e si portano dietro. Ma, poi, c’è la nascita di una nuova storia, di una nuova vita che può arricchire proprio chi sa accogliere.

Bullismo e accoglienza dunque. Due tematiche che si intrecciano?

La possibilità di capire l’altro nel bullismo così come nell’accoglienza diventa il filo conduttore che unisce le due cose. L’immagine del diverso che ci arricchisce è quella che voglio mostrare agli occhi dei ragazzi. La scuola è il luogo di formazione dei cittadini dove si apprendono le regole del vivere insieme, con diritti e doveri, del saper abitare lo spazio della natura così come quello digitale, quest’ultimo tanto più insidioso e quindi bisognoso di una consapevolezza adeguata. L’educazione alla cittadinanza in tutte le scuole è il tentativo di interrogarsi sulle regole e sul loro significato, sul rispetto del bene comune e dell’altro. Diritti e doveri, quel che fa di ciascuno di noi un cittadino migliore. Educazione alla cittadinanza nelle scuole vuol dire far capire che diverso che non necessariamente è lo straniero, ma può essere il nostro compagno di classe che non ha le scarpe firmate o l’ultimo modello di cellulare. Dobbiamo puntare su una società che sia capace di accogliere chi ha la pelle di un colore diverso o è di una religione diversa dalla nostra. La nostra deve essere una società delle uguaglianze nelle diversità. E dobbiamo farlo partendo proprio dai ragazzi.

Lei è insegnante da anni e madre di tre ragazzi. I suoi libri sono il tentativo di rispondere a quelle che ha individuato come derive educative?

La deriva educativa non riguarda solo i ragazzi che, purtroppo, sono il frutto di una società che vive una deriva culturale. Non è sempre colpa loro se si lasciano andare, se non leggono, se non affrontano alcune problematiche. Tanti sono però i momenti da cogliere, anche nelle scuole, dove si propongono diversi momenti culturali a loro rivolti. Il rischio, però, è quello di trasformare la scuola in un’oasi dove il messaggio di legalità e cultura resta confinato tra le mura delle aule. Scuola, società e famiglia devono collaborare sempre di più.

Allora quale può essere la ricetta da seguire?

Dobbiamo scommettere sul futuro dei nostri ragazzi. In tante scuole gli studenti sono stimolati da insegnanti che, grazie alla continuità didattica e alla voglia di coinvolgere gli studenti in attività che vanno al di là della

semplice lezione, fanno vivere loro questi momenti che ritengo unici. Perché l’incontro con l’autore di un libro così come la partecipazione ad altre attività extra scolastiche aprono piste e riflessioni spesso inaspettate.

Roberto De Cicco (giornalista per “Parola di vita” )