Una serata in giallo con La signora del Pavone blu

io e pavone bluUna serata anni’70 con La signora del Pavone blu, il giallo di Maria Concetta Preta

 

Nella suggestiva cornice della Sala della Tonnara alla Marina di Pizzo Calabro si è svolta l’11 dicembre scorso la presentazione del secondo romanzo della scrittrice vibonese Maria Concetta Preta, dal titolo: “La signora del Pavone blu”, YCN, ed. pubblicato nel 2013, vincitore di numerosi premi nazionali, tra cui “Nero su Bianco”BN 2014 e, l’ultima Menzione d’Onore a “Quel libro nel cassetto”, Festival Leggere e Scrivere, Vibo 2015.

Si tratta di un giallo noir incentrato sulla misteriosa morte di Jolanda Pascucci, meglio nota come “la signora del Pavone blu”, proprietaria della boutique più frequentata in un’anonima provincia del Sud. La vicenda è ambientata nel 1977.

Tutto ha inizio in una torrida notte di fine estate, quando viene ritrovato il corpo senza vita di Jolanda, precipitata dal suo attico. Testimoni involontarie della tragedia due donne profondamente diverse per età ed estrazione sociale: Berenice Cassini (dirimpettaia curiosa, zitella attempata e oppressa dalla decadenza fisica ed economica) e Mimma Greco (domestica ad ore, ficcanaso e traffichina, che faceva le pulizie in casa di Jolanda e che quella sera stessa ritrova dopo anni il suo amore giovanile, Gino Corti, uscito dal carcere). Sarà determinante per l’indagine il confronto tra queste due donne, che incarnano stili e concezioni di vita diametralmente opposte e, in più, non si sopportano. Due visioni diverse che portano a due versioni dei fatti diverse. Un vero rebus per il commissario Giulio de Bartolis ed il suo vice Angelo Infante: il primo sornione e disincantato, il secondo umorale e istintivo. Saranno la sagacia del primo e la tenacia del secondo fattori determinanti per la risoluzione del mistero. Davanti ai loro occhi sfila una galleria di personaggi (su tutti Marcello Salviati e Sergio Beltrami, rispettivamente marito e amante della vittima,  l’avvocato Lorenzo Baldi, che cura gli affari de Il Pavone blu – srl, il parrucchiere Gianni Lazzaro, il commesso Roberto Cremonesi) che incarnano vizi e virtù di una cittadina allo sfacelo e che tenta di nascondere la vuotezza di vite perse: l’alta società di una provincia segreta che ottunde, smussa, imprigiona i segreti. Una denuncia di falsi moralismi e ipocrisie in un’epoca di svolta per la società, scandagliata nelle sue mode, nella musica, nella cultura, nella politica. Una vera e propria “microstoria del ‘77” alimentata da una vena di ironia ora sottile ora sarcastica e che non diviene mai pessimismo. Un noir ricco di sorprese, teso sul filo dell’introspezione psicologica che si compiace anche della quotidianità del linguaggio (specie nelle due figure femminili di Berenice e Mimma). Un giallo d’atmosfera, in cui non mancano i colpi di scena, gli inganni e l’amore. Elemento, quest’ultimo, che allieta il lettore e lo porta a sognare e a credere che, in fondo, rimane pur sempre una speranza in un mondo lacerato da invidie, pregiudizi e falsità. E l’amore porta un nome: quello di Iris, avvenente studentessa universitaria che sarà la vera e propria “chiave di volta” dell’inchiesta e farà battere forte il cuore ad uno dei protagonisti …

La serata, patrocinata dal Comune di Pizzo, è stata allietata dalle più belle hits degli anni ’70, interpretato dalla cantante Katia Russo. La blogger Alessandra Scriva, nel recensire il romanzo, ha esordito affermando che “La signora del Pavone blu” è di godibile lettura, basata com’è su un solido impianto narrativo. L’opera non appartiene al solo genere del giallo-noir ma è qualcosa di più, ha l’ambizione di essere un affresco sociale secondo un meccanismo bel oliato, con “coupe de theatre” finale che ribalta la prima soluzione data al caso. Parte come un giallo, poi contamina altri generi ed elementi. Presenta un costante alternarsi di punti di vista secondo una prospettiva pluralistica. Più punti di vista portano a più versioni dei fatti. Si erge poi un simbolo forte: il Vaso di Pandora, che contiene tutti i mali e lascia in fondo la speranza, l’ultima a morire. Un emblema non scelto a caso.

E’ seguita quindi una vivace intervista in cui la Preta ha spiegato  perché  la sua scelta del giallo, considerando che il critico G. Petronio ha sdoganato il genere dalla pretestuosa “inferiorità” e lo ha riabilitato rispetto alla letteratura alta, per cui esso rientra tra i “canoni” del ‘900.  “Scrivendolo – ha ribadito – ho voluto offrire una ricostruzione storica volutamente ricreata, nella quale non ha importanza il “dove” si svolga l’azione, se la cittadina di 40000 anime … sia rintracciabile sulla carta geografica, si tratta solo di un soffuso ambiente provinciale con i suoi riti e manie. Semmai è importante l’anno che ho scelto, il 1977 che ci richiama al piombo versato nelle strade, alla situazione di precarietà che si respirava e al preludio del delitto di Moro, con echi dell’austerity del 1974. Nella trama appaiono diversi ceti sociali, come i parvenu: Jolanda è un’ “intrusa” non amata dall’”ambiente”(non amata è una litote per odiata) su di lei si agita il venticello della calunnia. Tutti o quasi tutti i personaggi contano non per ciò che sono ma per ciò che appaiono e ognuno rivendica il suo “posto al sole” nella società. “

L’autrice, ha sottolineato la Scriva, ha voluto mettere in mostra vizi privati e pubbliche virtù. Ne è esempio Marcello Salviati. La nota di novità è sicuramente l’inserimento non casuale di canzoni che sorreggono i personaggi e ne commentano l’agire. Il perché di tale artificio narrativo lo ha spiegato l’autrice: “ Le canzoni sono un prodotto culturale, un bene di consumo che rispecchia le mode di quegli anni e servono a ricrearne il clima da amarcord. Nulla in ciò che scrivo è casuale, perché io uso cuore e testa e seguo un progetto fatto a tavolino. Questa mia opera,  a differenza della precedente, Il segreto della ninfa Scrimbia, è un romanzo esistenziale, che presenta un relativismo etico nei personaggi che sono in fieri e si evolvono fino alla fine. Ho strizzato l’occhio ai ceti umili, forse più autentici.”

Il ciclo di letture è stato curato dall’amante della poesia Filly Stilo. Riportiamo i passi letti, che hanno offerto una varietà di temi e personaggi.

1.

 “15 settembre. Notte fonda. Estate torrida che languisce e lascia le ultime zampate, prepotente graffio di una stagione che non vuol morire ed esala in un’afa boia che non fa chiudere occhio. Finestre spalancate, si boccheggia lo stesso. Gola riarsa, muscoli intorpiditi, ossa rotte, capelli appiccicati.

  Via Pirandello, cuore del quartiere residenziale ambito dai parvenu: modernissimi palazzoni con attici panoramici si stagliano alteri come giganti di cemento a soffocare il verde dei prati in cui i figli degli operai correvano liberi. Uno sbeffeggio alle casette del rione popolare, la preclusione alla vista sul mare che alimentava sogni e fantasie. La borghesia della provincia si crogiola nei vizi, nella megalomania, nell’ansia di apparire. Il benessere alimenta un’edilizia selvaggia che progetta, espropria, edifica senza sosta, pronta a esaudire le continue richieste dei neo-ricchi. Complice la politica corrotta e la delinquenza efferata, la cittadina ha cambiato volto e dell’immoralità fa la sua bandiera.      

  Iside miagola impietosamente, ma il caldo non la tocca: davanti alla luna, si sa come sono le gatte impazzite d’amore. Luna piena, tonda, paurosamente bianca, cristallizzata nello splendore, troppo lontana dal mondo, dea irraggiungibile per chi si agita nel letto disfatto e impreca contro un caldo maledetto.

Berenice è madida di sudore… sta letteralmente impazzendo, non resiste più, deve bere, rinfrescarsi… forse, provare a respirare. Un’estate senza fine che massacra corpo e mente. La messa in piega fresca non tiene, i bigodini sono una corona di spine imposta per supplizio … in un attimo li sfila via, sollevata, li getta sul tavolino in vimini. Ma sotto il casco del parrucchiere c’è stata una mattinata, come rovinare i costosi ricciolini creati ad arte per riempire e abbellire una testa che si sta spelacchiando e incanutendo? Che brutta bestia la vecchiaia che avanza! Sessanta anni … sentirseli tutti, dalla punta dell’alluce fino all’ultimo filo bianco!

 Notte inoltrata, imperversa la tempesta. Calo di ormoni e depressione, acuiti dall’impossibilità a prender sonno, portano Berenice a sorseggiare un Cinzano in cui ha sciolto del ghiaccio. Il bicchiere freddo è appoggiato sulle guance. Un refrigerio momentaneo. Sul terrazzo un filo d’aria proprio non c’è. Inutile sventagliarsi. Il mare in lontananza è una plaga sconfinata biancastra immobile, una laguna addormentata e senza vita. E’ mezzanotte, di dormire nessuna voglia. Ma non è la sola, a quanto pare.

Dal sopore di ricordi dolci-amari un vociare, non troppo sommesso, ridesta Berenice. E’ la vicina, Jolanda Pascucci, meglio nota come “la signora del Pavone blu”. S’intrattiene con qualcuno, non è una novità. Continuamente gente da lei, chiacchiere a voce alta, senza minimamente pensare a chi ti sente. Spesso ricevimenti e feste sull’attico, per lo più cene in piedi con musica e danze, sfoggio della più torbida borghesia di questi tempi incerti.  La vede sbucare sul terrazzo, epifania di un essere meraviglioso. Testa avvolta in un foulard di Hermes da cui sfuggono alcuni boccoli biondi, truccatissima, occhi ingranditi a dismisura dall’eye-liner sapientemente profuso, ciglia finte che sono ali di farfalla, unghie smaltate di vermiglio, bocca che sembra una rosa. Per Jolanda la tetra notte è un fulgido giorno. Come farà con questo caldo e tenere tutto quel fondotinta? Quella è una salamandra, l’ho sempre detto. Sangue freddo e perfidia, è una senza ritegno, una sguaiata che i soldi non sa dove ficcarseli! Abbronzata dal sole della Grecia, seducente in abito lungo di Gucci con fantasie astratte e larghe maniche a pipistrello a sottolineare esili braccia ricoperte da una teoria di bracciali pieni di strass, lunghissime gambe svelate da ampi spacchi, ai piedi il sandalo dorato con zeppa in sughero sardo, must della stagione. La moda fatta persona. La regina dello charme. Un’icona di gusto e bellezza in un ambiente dedito al lusso sfrenato. Jolanda Pascucci, la proprietaria del Pavone blu, la boutique più chic che c’è in città. 

Jolanda adesso si volta a guardarla… e la pietrifica come Medusa! Che espressione spaventosa assume! Il dolore… o il terrore… stampato sul bel volto, i lineamenti tesi e abbruttiti… Sembra che la invochi, che la supplichi… Cos’è quello che, d’un tratto, sente? Un rumore sordo e insieme deciso… ma spesso le orecchie ronzano, Berenice ha un principio di labirintite. Perchè Jolanda declina il viso? Un malore improvviso? Un capogiro? Eccola che barcolla e si dirige a stento alla ringhiera… è un gesto d’aiuto quello che si scorge alla luce soffusa del lampioncino al neon? Poi, la vede cadere all’indietro. Un tuffo dall’attico più desiderato, un volo di trenta metri. Una farfalla che apre inutilmente le ali e si schianta d’un botto sull’asfalto che la accoglie fatalmente. La splendida avventura della signora del Pavone blu finisce per sempre a mezzanotte e trenta del 15 settembre di una memorabile estate, lunga e caldissima. Quella del 1977. Da una finestra spalancata e con la luce accesa, la radio emana la voce roca di Umberto Tozzi poi, il silenzio di una notte blu cobalto che sembra, come il caldo, non aver mai fine.

3.

La stampa s’impossessa del caso, per fare scoop va alla spasmodica ricerca di notizie clamorose. I cronisti se le inventano tutte per vendere. Si scava nella vita di Jolanda, si tralascia ben poco, si fa a gara a chi ne sa di più. La stampa: il mattatoio delle vite vissute. La coppia alto-borghese è additata all’esecrazione di tutti, ricettacolo di vizi. Il binomio: marito-cornuto/moglie-adultera. Anche se nel ’77 alcuni termini appaiono desueti per la liberazione sessuale, certi cliché in un ambiente retrivo fanno ancora effetto. Il caso della signora del Pavone blu fa vendere: il tritacarne dei media si è messo in funzione.  Delitto strano, mescolanza di antico e nuovo: un prodotto di questi tempi incerti. Dal disonore del tradimento alla spietata vendetta, dall’accecante gelosia all’eliminazione studiata di una temibile concorrente nella moda, Jolanda è carne di macello. Un intellettuale l’ha definito “un delitto sociale”. Un delitto che scuote, ma non spaventa. Un falso moralista è arrivato a dire che una come Jolanda se l’è meritato di finire così. I puritani plaudono, s’è estirpata la radice del male. Le signore snob piangono la scomparsa di chi le addobbava con le sue mani, cucendo addosso ai loro corpi abiti unici: chi le vestirà d’ora in poi in quest’angolo del Sud? Le edicole sin dal mattino sono prese d’assalto. I cronisti di nera fanno straordinari. La gente ha il diritto di sapere. Un frugare indefesso. Un cicaleggio continuo. Nei bar, per strada, sui posti di lavoro, nei salotti non si parla d’altro. In via Pirandello, sul luogo del delitto, e in via Nazionale, davanti alla boutique, si formano capannelli di curiosi. La piazza mormora, ogni giorno va in cerca di un colpevole per allietare il suo teatrino. Il delitto Pascucci è divenuto una beffa di costume, motivo di satira sociale, argomento obbligato di conversazione.

4                                                                                                                                                            

Appena Berenice sale in casa, passa dal chiasso al silenzio, si sente intontita. Per riempire il senso di vuoto, deve accendere la radio, ha bisogno di musica. Va bene anche se non è allegra, basta la compagnia.

Servirebbe una bottiglia di amaretto per creare la calma artificiale con cui narcotizzare l’anima. In credenza, niente che possa placarle l’arsura. Sonia la controlla, non c’è angolo in cui non abbia guardato per far piazza pulita. Così tanto la piccola le vuol bene. Peccato che Berenice non sia abituata all’amore.

  L’amore per lei non c’è mai stato. Ne’quello materno o paterno, ne’quello tra sorelle. Non si usava nella sua famiglia scambiarsi coccole, darsi baci, pronunciare parole affettuose. Il cerimoniale azzerava i sentimenti. Neanche l’amore con l’a maiuscola ha mai conosciuto, e dire che era una ragazza dalla bellezza sottile. Gli uomini non se ne avvidero, smisero presto di cercarla. Dopo i trent’anni era irrimediabilmente nubile e disgraziatamente sola. A quaranta non era più graziosa, aveva perso la finezza dei tratti, era una signorina stagionata.  Risoluta, Berenice spegne la radio ed esce di nuovo, senza fermarsi. Prende il bus che la porterà al supermarket più lontano, in una zona dove non la conoscono. Là nessuno si chiederà perché mai una signora anziana, un tempo piacente, mette nel carrello solo superalcolici. Cosa farà stasera già l’assapora. Domani, poi, starà tappata in casa e non aprirà a nessuno, neanche a Sonia. Lei busserà tre o quattro volte, poi capirà e andrà via senza far chiasso, senza giudicare, senza riferire a casa. Nessun altro la cercherà. Berenice è soltanto un nome, un’ombra anonima, un’esistenza persa.

E allora… buona lettura dell’avvincente noir: “La signora del Pavone blu”, in vendita nelle librerie vibonesi e anche on line presso YouCanPrint edizioni.