Summer School writing della prof.ssa T.Preta – Un diciottenne di oggi e la cultura classica

 

Una delle maggiori qualità del lavoro che ho scelto è la relazione e il piacere di stare insieme con gli allievi. La mia esperienza scolastica è di continuo scambio e crescita. «Chi è il “miglior” insegnante? Il “miglior” insegnante è l’allievo migliore. L’allievo e l’insegnante procedono nella stessa direzione, non sono l’uno contro l’altro».

Magister fit“, diceva Sant’Agostino nel IV secolo d.C., e non errò.

E’ dagli Antichi che trae linfa chi, come me, insegna Latino e

Greco. Un privilegio, specie in questi tempi incerti, in cui l’unica bussola rimane, a mio avviso,la cultura.

Quando porgo un libro in mano ad un mio allievo, penso di compiere un gesto nobile, e preciso sempre se l’ho letto o no prima io. Se non ci sono riuscita, è da loro che imparo.  

Così è avvenuto con Davide Ruggiero, di cui oggi pubblico la spontanea impressione di lettura di un saggio inerente, non a caso, lo studio delle humanae litterae di Maurizio Bettini, che lessi velocemente (presa com’al solito da mille impegni). 

Non la chiamerei recensione – e d’altronde non mi piacciono i testi prefabbricati e pianificati con regole tassonomiche, i miei allievi lo sanno. Piuttosto è una libera argomentazione. 

Gli interventi di emendamento da parte mia sono stati frugali, per non oscurare il pensiero di un diciottenne di oggi.

Al di là di tutti i luoghi comuni sui giovani, che sono la più grande risorsa che abbiamo. E, come tale, va curata con sollecitudine e serietà. 

Buona lettura

Prof.ssa T.Preta  

RECENSIONE

A che servono i Greci e i Romani? Di Maurizio Bettini

Questo libro è un testo che riguarda l’evoluzione della cultura in Italia negli ultimi decenni, piuttosto oscura paragonandola a quella dei grandi Greci e Latini che riuscirono, tanto tempo fa, a rendere eterna la propria civiltà. 

L’Italia si sta perdendo in un mondo che possiamo definire “falso”, privo di veri valori e, mettendola a confronto (e Bettini questa parola nel libro la fa risuonare nella sua importanza), con Paesi in cui la cultura classica è molto coltivata, il nostro paese è addirittura arretrato.. che gran peccato!

Allora è proprio questo che Bettini vuole esplicitare con il suo saggio: A che servono i Greci e i Romani?L’Italia, spiega Bettini, è il paese più culturalmente ricco del mondo e quasi che si permette di vergognarsene? Non sappiamo sfruttare le nostre risorse, ci si lamenta di un’economia che va a rotoli quando l’Italia potrebbe diventare il primo centro culturale mondiale. 

Il problema di fondo è sicuramente la memoria culturale, condividendo ciò che Bettini rende intellegibile a tutti in questo saggio.  

Ho ammirato la maestria cui Bettini ha tessuto il filo rosso che conduce un ragionamento mai fuori luogo, passando dal problema del retroterra culturale in cui si trova la Nazione fino ad arrivare ai nostri comportamenti giornalieri.

La digressione riguardante la scuola è stata puntuale e molto reale,  in quanto la scuola italiana sta cedendo il passo a un  nuovo “Medioevo” tecnologico in cui tutto è

incentrato sullo sviluppo e, dunque, non si possono assolutamente insegnare lingue ritenute “mente-fermanti” (e non formanti).

Ritengo importante l’aggiornamento sul metodo didattico con cui dovrebbero essere spiegate le lingue “morte” (latino e greco), anche se, come studente, non credo che, se mi venissero ad impartire una lezione di greco con il metodo che si utilizzava 20 anni fa, mi annoierei.

  La noia non è tanto indotta dagli argomenti trattati, perché se ci si incammina verso un determinato percorso di studi, vorrà 

dire che la scelta è stata calibrata in base alle passioni, piuttosto il problema è che le mentalità si evolvono e sono attratte da cose nuove e un metodo nuovo è ciò che serve per

vitalizzare queste lingue. Addirittura, Bettini parla di una collaborazione tra studenti e insegnanti per la costruzione di un sapere ricco di stimoli e duraturo. 

Oggi, in generale, le famiglie nutrono  diffidenza verso le istituzioni in cui si insegnano le materie classiche, per cui rifuggono dall’iscrivervi i propri figli: credo che il modo in cui lo scrittore ha argomentato questa tesi non sia totalmente completo, in quanto molto spesso nell’Italia odierna i genitori hanno paura di mandare i propri figli nel campo di trincea che viene chiamato “liceo classico”, da cui non si sa se si uscirà vivi. 

E’ proprio questo il problema: ci troviamo in una società che odia la lentezza del Classici, che non dà tempo per l’apprendimento vero di valori eterni e indimenticabili.

Allora, considerando i problemi economici, le famiglie decidono di non impelagarsi in un percorso di studi troppo impegnativo e che porta frutti soltanto dopo decenni di studi. Le famiglie preferiscono che i propri figli acquisiscano le competenze  necessarie per entrare in giovane età nel mondo del lavoro.

L’Italia, intesa come nazione, sta facendo regredire la popolazione addirittura al regime napoleonico, in cui le scuole e le università erano per l’élite, perché come diceva K.Marx: “Non sono le idee degli uomini a determinare il tipo di società in cui vivono, piuttosto è la società a determinare le loro idee”.

Consiglierei la lettura di questo saggio a chi su questo tema conosce poco o nulla. Lo ritengo un libro di informazione, divulgativo e  che esplica in primis concetti generali sulla civiltà classica e indica poi la deriva culturale italiana.

Infine, credo bisognerebbe imparare il significato di humanitas per essere cittadini e uomini migliori, per noi stessi e per la società.

Nei licei si praticano davvero l’humanitas teorizzata da Gellio, la paidéia atque philanthropìa?

Con questa domanda vorrei innescare in voi la curiosità che muove un bambino a scoprire nuovi luoghi, imparare e crescere. Ecco… Crescere. È questo quello che ci serve.

Davide Ruggiero – classe IV D – Liceo Classico M.Morelli – Vibo Valentia