Recensione di Titti Preta: Ferite di guerra di Claudia Lo Blundo

 

Una lunga storia d’amore

  Il romanzo ‘Ferite di guerra’ di Claudio Lo Blundo ha per protagonista il piemontese Andrea, che torna dopo molti anni con la moglie Maria Luisa a Corno di Rosazzo, in Friuli, dove da giovane ha combattuto sul fronte della Grande Guerra. L’incipit è dunque affidato al ‘viaggio della nostalgia’, poi la vicenda si dipana in una serie intrecciata di flashback e di rimbalzi tra presente e passato. Lo schema narrativo è tipico del genere rosa, e del resto è una scelta quasi obbligata: nel passato un uomo e una donna si innamorano perdutamente, poi si dividono, sono costretti a superare una serie di ostacoli, che siano le malattie, la distanza, la guerra o il ceto sociale… finché riemerge un segreto, e tutto cambia di colpo e lascia i personaggi sgomenti ma anche pronti ad affrontare il mutamento di prospettiva, come in un filosofico “panta rei”.

Se sappiamo prima che la vita è un fluire che cambia noi e la realtà che ci circonda, non saremo impreparati alle prove che essa ci presenta. Perché la vita non è altro che un susseguirsi di tante piccole vite, vissute un giorno alla volta.   

 Lo stile semplice, di lettura affabile, è condito da frasi sagaci (in cui si avverte la voce vigile dell’Autrice) e si avvale di dialoghi realistici e di momenti introspettivi, che ci proiettano nel vissuto dei protagonisti. Ma il vero protagonista è l’amore, sentimento complesso che tutti gli scrittori hanno provato ad indagare e di cui spesso Claudia ha fatto il fulcro della propria narrativa.

E di che altro dovremmo parlare?” ci chiediamo noi narratori. In effetti niente è altrettanto universale: l’amore, con tutte le sue componenti di passione, dolcezza, cura, desiderio, sofferenza, è comune a tutti gli uomini ed è rimasto inalterato attraverso i secoli. Il mondo può cambiare, la tecnologia può evolversi e possono accadere grandi cose, ma la natura umana e la natura delle emozioni cambiano a un ritmo più lento. Chi si innamorava cento anni fa si sentiva nel medesimo modo in cui si sente una persona che si innamora oggi. Ed è con questo concetto in mente che si creano le belle storie universali, come in questo romanzo.

La storia inizia nella primavera del 1951, nel cuore della Langa piemontese, con Andrea Bottero che riflette su quanto sia stato facile convincere sua moglie, Maria Luisa, ad andare a Roma, ma non altrettanto quando le ha proposto di andare in Friuli dove lui, giovane ufficiale, fu inviato per dare il proprio contributo alla prima Guerra Mondiale, quella del lontano 1915-18, a Corno di Rosazzo, ‘il paese delle rose’.

Andrea ha oggi una spina nel cuore: l’acuta nostalgia di rivedere i luoghi di confine dove ha combattuto. Le sue ferite di guerra non sono rimarginate, anche se la vita è ripresa per tutti e lui è un valente professionista, padre di due femmine, nonostante desiderasse il maschio. Andrea sente che nella sua vita è rimasto in sospeso un qualcosa che riguarda un periodo per lui indimenticabile, racchiuso tra un prima e un dopo. E anela il ritorno, come Ulisse con Itaca.

Andrea, obbligato a combattere una guerra che non sentiva sua, era partito nel marzo del 1915 con la tradotta da Torino. Dopo essere giunto a Treviso, come prima destinazione, era stato mandato a Udine. Era stato gravemente ferito durante uno scontro con alcuni soldati austriaci che cercavano di entrare nel territorio italiano e fu accolto nella casa del dottore Arturo D’Osvaldo, medico del paese, che aveva adattato la propria villa a postazione ospedaliera. La signora Adele e la giovane figlia Aurora avevano dimostrato di essere in grado di svolgere il compito d’infermiera per i pochi feriti che la casa riusciva a ospitare. Ad Adele non erano sfuggite le cure e le attenzioni che il marito dedicava al tenente: più da padre che da medico. Del resto, anche lei e la figlia, sin dalle prime ore del suo arrivo nella villa, avevano commiserato lo sfortunato militare. Aurora risvegliava in Andrea il ricordo omerico di Eos dalle dita di rosa. In breve i due ragazzi si innamorano perdutamente, ma una volta guarito, Andrea dovrà tornare in Piemonte, sposerà la fidanzata, si costruirà la sua vita e di Aurora alimenterà la fiammella di un ricordo in estinguibile.

Il ritorno dopo tanti anni nel paese delle rose darà vita a tanti “colpi di scena” che rendono godibilissimo il romanzo di Claudia, organizzato come un diario con più voci narranti: Andrea, la moglir Maria Luisa e infine, nel 1988, la nipote a cui la nonna Maria Luisa, cinque anni orsono ha confessato il suo segreto prima di morire.

Un segreto sepolto che riaffiora improvviso e che, ovviamente, noi non sveleremo mai, invitandovi a leggere “Ferite di Guerra”.

Prof.ssa Maria Concetta Titti Preta