Recensione a Il segreto della ninfa Scrimbia

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Recensione al romanzo:“Il segreto della Ninfa Scrimbia” di M.Concetta Preta

Tra mito e Leggenda
della prof.ssa Marilisa Maruccio – docente di Lettere Classiche

Centro di Aggregazione Sociale  di MAIERATO (VV) 10 GENNAIO 2015copertina_Scrimbia
Prima di parlare del libro credo sia necessaria una premessa per spiegare il sottotitolo dato a questo incontro.
Nell’antichità, tutta la vita dell’uomo greco era profondamente compenetrata dalla religiosità: c’era la religione ufficiale con il culto dato alle varie divinità e poi la religione “dei misteri”, dei culti segreti che si potrebbe definire “personale” perché ognuno aveva la possibilità di scegliere il dio preferito. Questo culto a più divinità porta alla formazione di una mitologia, nella quale confluiscono tradizioni, leggende popolari, religiosità e superstizioni e dà origine a un racconto, al mythos. E’ una materia in continua elaborazione che in Grecia e in Magna Grecia, dove ci troviamo noi, ha formato un patrimonio immenso di leggende, immagini, simboli e personaggi.
A Maierato persiste ancora il rito delle canefore -“le portatrici di ceste”. Da secoli, decine di giovani ragazze, vestite di bianco portano in ceste di vimini, il pane che sarà benedetto durante la messa del Giovedì Santo. Si tratta di un’antica tradizione, che affonda le radici nelle processioni svolte in onore delle divinità arcaiche e trova testimonianza nel fregio del Partenone, dove sono raffigurate le portatrici del canun, il cesto di vimini.
Il mito è quindi una narrazione fantastica rivestita di sacralità che descrive l’origine dei popoli e delle culture, dei fenomeni, delle realtà esistenti nel mondo stesso e che ne racconta le caratteristiche attuali. Connesso al mito, è il rito cioè una serie di azioni stabilita da regole, il cosiddetto rituale. Le sue caratteristiche sono l’oralità, perché il mito passava di bocca in bocca, era spesso legato a dei riti religiosi, assume un significato diverso di volta in volta ed ha un aspetto conoscitivo perché spiega l’origine del mondo, dell’universo, delle divinità. Il mito di Scrimbia è un mito di metamorfosi perché narra come la Ninfa da fanciulla sia trasformata in una fonte d’acqua perenne.
Il termine leggenda significa “cose che devono essere lette” e corrisponde al racconto della vita di un santo. In seguito, ha significato un racconto composto da elementi storici e fantastici.
Partiamo dal titolo: “Il segreto della Ninfa Scrimbia” Ma chi erano le ninfe?
Ninfe: erano, nelle credenze di un tempo, giovani donne che popolavano la campagna, i boschi e le acque. Erano gli spiriti della natura, considerate le figlie di Zeus; divinità secondarie alle quali si rivolgevano preghiere e potevano essere temibili. Tra le ninfe esistevano varie categorie: Scrimbia appartiene alle Naiadi che vivono nelle fonti e nei corsi d’acqua, infatti, ne incarnano la divinità della fonte che abitano. Tutte le sorgenti celebri hanno la loro Naiade, la quale ha un nome e una leggenda particolare.
Anche noi, a Maierato, abbiamo la nostra leggenda legata all’acqua e si tratta del racconto della fanciulla Nia “la nuova”, della Draga, sua madre e del cavaliere che aprendo una voragine, rapisce la fanciulla. Alla fine della vicenda, secondo la tradizione, la ragazza è trasformata in una fiumara. Ancora oggi il fiume Nia esiste e scorre alle pendici della collina su cui sorge il paese.
Le ninfe hanno una funzione importante nelle leggende locali e il loro intervento permette di collegare un eroe direttamente al suolo della città.
Il nucleo del romanzo della Preta nasce proprio dalla fonte Scrimbia che assegna il nome alla fontana, posizionata vicino al Duomo della città, in quello che una volta era l’ingresso di Vibo Valentia, l’antica Monteleone e prima ancora Hipponion. Di cosa si tratta…La fantomatica scultrice, Margherita Navarra, invita l’antichista Fiorella Paribeni, protagonista del romanzo, a recarsi in un luogo misterioso, di cui la studiosa romana ha contestato l’autenticità in una recente monografia, sulla rivista scientifica “Atene e Roma”. La Paribeni si troverà, infatti, a Vibo, in un caldo ottobre del 1973, quale ospite d’onore al simposio culturale organizzato per “I cento anni dalla visita di Theodor Mommsen a Monteleone”.
Il Mommsen è stato un antichista che con le sue ricerche ha dato vita al CIL Corpus Inscriptionum Latinarum, una collezione di epigrafi romane. Premio Nobel nel 1902 per la letteratura Theodor Mommsen ha scritto inoltre la Storia romana e il Diritto penale romano).
La storia si svolge nell’arco di una settimana, durante la quale la protagonista si troverà a contatto con numerose personalità legate al mondo dell’arte, della cultura e della storia locale. Sotto un ritmo incalzante, pagina dopo pagina, il lettore è immerso in una Vibo nuova, fantastica e misteriosa al tempo stesso. Iniziano così le ricerche, durante le quali la Paribeni scoprirà di essere a contatto con i rappresentanti
di un’antica setta che da secoli, continua a celebrare i rituali di Scrimbia, la sfortunata ninfa silvestre, trasformata in una fonte di acqua perenne. Scendono alla ribalta anche personaggi realmente esistiti e apparentemente lontani tra loro, come il conte Vito Capilabi, l’orafo Cosimo Fanzago, Erenburga, principessa normanna, moglie di Ruggero d’Altavilla, o Rosalia, santa siciliana, vibonensium compatrona, “compatrona dei vibonesi”, accomunati tutti sotto il segno di Scrimbia. Sacro e profano si mescolano e solo insieme sono capaci di svelare un antico segreto rimasto tale per secoli. Una sensibilità femminile attenta rende notevoli anche le presenze maschili, sulle quali, con tono provocatorio e talvolta ironico l’autrice indugia, descrivendone l’aspetto in maniera tale che il lettore può facilmente immaginare i tratti dei personaggi. Ne è un esempio il bellissimo ed enigmatico Adriano, il modello della scultrice Margherita Navarra: capelli biondi, occhi chiarissimi, alto, snello “un tipo affascinante, anche un po’ retrò”.
Strane coincidenze, simboli, oggetti strani e fantasmagorici, monete antiche, reliquiari inquietanti, medaglie di magica fattura, ma anche luoghi, musica, antichi inni di monaci sconosciuti, sono fatti risuscitare dal passato; tutto costituisce un indizio. Sono elementi legati alla nostra tradizione e quando dico, nostra non mi riferisco solo a quella di Vibo città, ma di buona parte del vibonese: nel romanzo sono citate anche molte località del Poro e della costa degli dei. Tutto questo patrimonio culturale sarà la chiave per aprire la porta sulla verità e questo nella sua vastità assalirà la mente della protagonista che, tuttavia, in maniera prodigiosa, riuscirà a mettere ogni cosa al proprio posto, a risolvere l’enigma per giungere finalmente alla soluzione tanto agognata.
L’interesse per il lettore nasce non solo dalla trama del racconto, così articolata e coinvolgente, ma anche dal ruolo esercitato dai luoghi per noi così familiari, che servono da scenario alla vicenda narrata. Si tratta di luoghi che tutti noi conosciamo e che sono ancora sotto i nostri occhi come Il Duomo di S. Leoluca, il Convitto Filangieri, lo Sporting Club, l’Archivio di stato, il quartiere della Cerasarella; luoghi che assumono nel romanzo una veste nuova. Così i muri degli antichi palazzi sotto il castello, le strade intorno alla via Diana Recco si colorano di tinte fosche, l’atmosfera si fa tetra e tutto mette i brividi: scenario ideale per un mystery nostrano!
Le descrizioni dei palazzi sono molto particolareggiate e si svolgono attraverso uno stile ricercato e sottile, dove nessuna parola è lasciata al caso. Sentite un po’… (pag.91) ”La dimora della contessa Cataldo è davvero all’altezza del casato. Di palese
impianto medioevale, ha il portone in bugnato, notevole per fattura e decorazione floreale…il cortile, adornato da palmizi, è dominato da una fontana centrale: si tratta di una vasca circolare di porfido con sbaccellature e anse con serpenti e protomi e maschere barbate, su cui si erge un delfino dalla cui bocca zampilla acqua”. Tutto sembra essere un inno all’arte e alla cultura classica in genere, infatti, la trama della vicenda è impreziosita da elementi letterari, come citazioni latine, intere epigrafi, che rendono il testo importante, senza tuttavia appesantirlo e che hanno tra l’altro un intento didascalico e danno a tutto il romanzo carattere piacevolmente erudito.
La storia, come vi ho già detto, si svolge nell’arco di circa una settimana, agli inizi degli anni ’70 e proprio l’ambientazione del racconto in questi anni è cara all’autrice che non solo racconta gli avvenimenti in forma diaristica, associando a ogni giorno preciso un titolo che è sintesi del capitolo, ma ricreando gli ambienti con particolare cura e, soprattutto, omaggiando la moda del tempo con descrizioni dettagliate dell’abbigliamento, dell’arredo, della musica tipici degli anni ’70. Un esempio parlando del direttore dell’Archivio Federico Ghislandi (pagine 27-28) “La cinepresa…si sofferma sul bel quarantenne appena brizzolato in completo di grisaglia grigia, con panciotto e foulard annodato al collo un vero gentleman…attorniato da due stupende ragazze in una mise …che strizza l’occhio al nuovo corso della moda: gambe in vista e misure ridotte per camicia, gilet, gonna e tutina a pelle, catenoni, pendenti e altra bigiotteria esagerata, capelli cotonati e occhi bistrati”. O ancora (pagina25) riferendosi a Fiorella Paribeni la descrive come “avvitata in un tubino grigio fumé, con stola di visone in tinta e pochette in mano”.
L’autrice assume sin dalle prime pagine un tono di denuncia nei confronti degli stessi concittadini, immersi in un letargo culturale, quando fa dire al Ghislandi (pagina29) “Qui la gente è ignara e dimentica del proprio passato, sono pochissimi i cultori della storia. Vedesse poi che abbandono il patrimonio artistico! I vibonesi sono piuttosto pigri negli studi”.
Sono espressioni che sembrano invece scontrarsi con il fine del romanzo stesso: il lettore si sentirà avvinto da questa storia, sorpreso dalla molteplicità di situazioni, indizi, documenti antichi di vario genere, trovati dalla protagonista e sui quali lei stessa dovrà riflettere, con la paura di morire. La penna vibrante dell’autrice terrà testa alla vostra curiosità, il racconto dalla doppia specie, tra immaginazione e realtà, tra mito e leggenda, vi farà rivivere il passato, fatto di tutto ciò di cui parlavamo prima: luoghi, immagini, musiche, simboli, come un presente vivo e ancora parlante. In
questo romanzo trovano spazio e rivivono quindi le nostre parole, il nostro carattere, la nostra gestualità, le nostre usanze, la nostra ospitalità e non ultimo le nostre superstizioni. Come? V’invito a leggere il “Segreto della Ninfa Scrimbia”, rimarrete senza fiato!
Marialisa Maruccio