Summer school writing- prof.ssa T.Preta. Racconto su Hipponion per la “Notte Nazionale Licei Classici”

Cari lettori del mio blog,

oggi diamo spazio ad un bel testo creativo di una mia alunna del secondo anno- un tempo si diceva quinto ginnasio… – Teresa Petrolo, che vi trasporterà nell’antica Hipponion con la sua composizione che ha il sapore di una favola. Da leggere!

 P.S. Il testo ha concorso a “La Notte Nazionale dei Licei Classici” 2019

In evidenza: Quadro del Maestro Saverio di Francia, che immagina Hipponion

Ex voto fittili dalle fosse votive di Hipponion in dono per Demetra e Kore.

 

Resti del tempio greco di Hipponion al Belvedere o Telegrafo Vecchio, dedicato a Proserpina/Persephone ( Parco Rimembranze)

 

TESTO CREATIVO: Quella mattina, come sempre, stavo andando a scuola. Ma la solita strada, le solite case, i soliti negozi, era come se non li ritrovassi più. Uomini in chitone o in clamide e donne in lunghi pepli mi camminavano accanto….affannatamente, dirigendosi tutti verso un’unica direzione.

Inizialmente sentii una strana sensazione di smarrimento ma poi, improvvisamente, era come se quella città la conoscessi già, come se ci avessi già vissuto. Tutto mi sembrò normale e, affascinata, in silenzio, mi guardavo attorno per scrutare i dettagli di quel mondo che mi circondava, cercando di individuare qualcosa di noto nei visi delle persone che incrociavo nel mio cammino. La cosa che più di ogni altra catturava la mia attenzione era proprio il loro abbigliamento: quei pregiati pepli costituiti da un unico rettangolo di lino formavano una lunga tunica di stoffa leggera chiusa da una cucitura laterale, a fibbie o bottoni in modo da formare un drappeggio; nella loro semplicità erano eccezionali! Alcune donne li portavano appoggiati sul corpo, come una tunica lunga fino alla caviglia con spacco laterale e con strascico, altre li indossavano con una parziale sovrapposizione sulle spalle, correggendo il seno con una larga fascia, che aveva anche la funzione di nascondere l’apertura del vestito. In ogni caso il loro portamento elegante e il loro fare raffinato mi colpirono molto. A un certo punto notai che queste donne portavano in mano piccoli oggetti in ceramica e

mi avvicinai a loro per capire di cosa si trattasse: erano dei piccoli contenitori, talmente piccoli che era improbabile pensare che li usassero nella loro vita quotidiana; contenevano chicchi di melagrana! Cosa ci faranno con quegli oggetti?

Chiesi a me stessa… e soprattutto: dove li staranno trasportando? E poi perché proprio la melagrana? Spinta dalla mia innata curiosità decisi di unirmi a loro.

Camminavamo verso un’alta collina, sembrava quasi di vedere una processione sacra! Intorno a noi il sentiero era pieno di alberi spogli che sembravano dei guardiani messi a riposare con le mani all’insù e indicavano il cielo luminoso ma incerto se buttar giù la pioggia o tenerla nelle nuvole. Iniziai a scambiare due chiacchiere con la ragazza che mi camminava accanto: ero risoluta a scoprire cosa stesse accadendo…e lei mi raccontò che lì, ad Hipponion (così si chiamava quella ​città), si usava portare doni ad una Dea che abitava su una meravigliosa altura.

 Vi giungemmo e i miei occhi si spalancarono per lo stupore: c’era un tempio bellissimo, magnificamente incastonato a circa 500 metri di quota, lungo un crinale che si affacciava su una profonda vallata interna da cui si intravedevano paesaggi antropici bellissimi, che mi mozzavano il fiato. Era un luogo di suggestiva e incantevole bellezza, un monumento ricco di misticismo che subito avvertii nell’aria che respiravo. Quando ci si trova davanti a cotanto gigantesco splendore ci si sente insignificanti formiche.

Ero talmente presa da quello che stavo vivendo che non mi accorsi neanche che dal cielo stavano iniziando a cadere goccioline dolci e lieti. Subito si alzò un po’ di vento che fece volare le foglie da terra. Erano foglie di mille colori: verdi, gialli, rossastre…che, messe insieme, sembravano pezzetti di arcobaleno ed emanavano profumi indescrivibili.

Si sentiva il cinguettio degli uccellini che sembravano musicisti scatenati e, con la loro simpatica melodia, rendevano tutto ancora più magico.

Improvvisamente però la pioggia iniziò a cadere scrosciante e ci fu un fuggi fuggi generale: tutti correvano per mettersi al riparo. Corsi anch’io e mi trovai sotto il balcone di un alto palazzo…mi guardai attorno e quel tempio era sparito, quella gente era sparita, tutto era ritornato nel grigiore.

Viviamo forse migliaia di emozioni nell’arco della nostra vita, di tante neanche ce ne rendiamo conto, ma filtrano, si innestano, crescono e fioriscono dentro di noi, dandoci modo di comprendere un universo di atteggiamenti che costituiscono il nostro essere, un continuo divenire che è il moto interiore, infinito e mai quieto della nostra anima!!

Teresa Petrolo, classe 2 B, Liceo Classico M-Morelli – Vibo Valentia